Sempre più spesso ci troviamo a commentare situazioni in cui l’intervento della magistratura nazionale si scontra con le norme imposte dalla Comunità Europea. Di questo problema si è discusso recentemente in un convegno nazionale a Palermo, intitolato “Giustizia al servizio del Paese”, a cui hanno partecipato le più alte cariche istituzionali e i vertici giurisdizionali. Prendiamo spunto dalle dichiarazioni del Sottosegretario di Stato, On. Alfredo Mantovano, e le commentiamo con l’aiuto dell’avvocato Simone Labonia, che si è trovato spesso nella necessità di confrontarsi con queste discrasie operative. In particolare, prestiamo attenzione ai rapporti tra il Potere Esecutivo e quello Giudiziario.
La linea dominante emersa durante i lavori del convegno pone la scelta del legislatore in una posizione preminente rispetto a quella dell’Organo Giudiziario, a meno che la legge non sia in contrasto con la Carta Costituzionale, la cui verifica spetta alla Consulta. L’articolo 101 della Costituzione evidenzia la “supremazia” del ruolo del Parlamento e la conseguente “soggezione” dell’Organo Giudicante nell’applicazione delle leggi. Le Corti, in sostanza, devono esprimersi “in nome del Popolo Italiano” e “non al suo posto”.
Il controllo della costituzionalità delle norme interne non è compito diretto dei giudici e, di conseguenza, non hanno l’obbligo di verificare la conformità delle leggi alla normativa comunitaria. Attualmente, il giudice ha il potere/dovere di disapplicare una norma nazionale che contrasti con il diritto europeo, ma questo principio deve essere limitato ai casi di contrasto diretto e immediato, che producano un’incompatibilità operativa.
D’altra parte, non sarebbe ammissibile una manipolazione della normativa interna da parte dei giudici basata su interpretazioni incerte delle due “fonti”. La giurisprudenza consolidata e gli approfondimenti pratici e teorici del problema dimostrano che la “disapplicazione” da parte dei giudici delle norme contrastanti con le direttive dell’Unione è la soluzione più logica, evitando così che siano costretti di volta in volta a chiedere e attendere le modifiche da parte delle istituzioni per risolvere contrasti giuridici che impediscono una corretta applicazione delle norme comunitarie.