Il bullismo: un problema da non sottovalutare

Immaginate di tornare a casa un giorno e sentire vostro figlio raccontarvi di un episodio spiacevole accaduto a scuola. La sua insegnante gli ha chiesto di scrivere un tema sul tema “Racconta un fatto spiacevole che ti ha colpito” e lui ha scelto di ricordare quando un compagno di classe lo ha spinto facendolo cadere per terra, nonostante la madre di quel compagno fosse presente e non abbia fatto nulla per fermarlo. Come definireste un episodio del genere? Senza dubbio, bullismo, nonostante qualcuno possa cercare di minimizzarlo.

Questo episodio ipotetico potrebbe essere l’inizio della storia di un bambino di nome C., residente nel comune di Torre del Greco, che fino a pochi mesi fa frequentava una famosa scuola di calcio. Come molti bambini della sua età, anche C. ha il sogno di diventare un calciatore, ma da qualche settimana non si allena più con i suoi vecchi compagni. I suoi genitori hanno purtroppo dovuto iscriverlo a una nuova scuola di calcio dopo che, all’inizio di novembre, durante una partita di campionato della categoria mini pulcini, un suo compagno di squadra ha pensato bene di urinargli addosso nella doccia solo perché C. non voleva cedergli il suo posto. Questo episodio è accaduto sotto gli occhi della madre di C. e di altri genitori presenti.

Secondo quanto raccontato dai genitori del bambino, questo episodio sembra essere solo la punta dell’iceberg di una serie di atti di bullismo che, nonostante siano stati denunciati ai responsabili della scuola di calcio, sono sempre stati minimizzati. Questo è ovviamente il racconto dei genitori del bambino che hanno deciso di condividere l’accaduto. Siamo aperti a qualsiasi replica che i responsabili vorranno fare.

Come si suol dire, “oltre al danno la beffa” si è verificato quando i responsabili della scuola di calcio sono venuti a conoscenza dell’accaduto negli spogliatoi e, infastiditi, hanno convocato i genitori di C. chiedendo loro di non divulgare l’incidente per non danneggiare l’immagine dell’associazione. Ancora peggio è stata la reazione degli altri genitori, che non solo non hanno mostrato solidarietà alla famiglia di C., ma hanno chiaramente sostenuto l’altro bambino.

In sintesi, considerando il clima generale di questa situazione, i genitori del giovane calciatore hanno deciso che spostare il figlio in un’altra scuola era l’unica decisione possibile per dimenticare presto l’incidente e evitare che la situazione peggiorasse ulteriormente per il benessere psicologico del figlio.

È inutile ribadire che nonostante l’enorme sensibilizzazione che si fa oggi a scuola, in famiglia e attraverso i mezzi di comunicazione, temi come la violenza sono ancora presenti. Possiamo cambiare l’intera umanità? Assolutamente no, ma ci auguriamo che bombardando i nostri figli fin dalla nascita con messaggi come “questo non si dice, e questo non si fa”, almeno di fronte a episodi come questo sappiano riconoscere ciò che accade e dargli il giusto nome: bullismo.

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