La chiusura definitiva del giallo sulla tragica morte di Tiziana Cantone, la giovane di 31 anni trovata senza vita nel settembre 2016 a Mugnano, in provincia di Napoli, ha finalmente messo fine a sette anni di incertezze. Secondo il gip del Tribunale di Napoli Nord, che ha accolto la richiesta di archiviazione del sostituto procuratore Giovanni Corona, la giovane non è stata uccisa, ma si è suicidata. Il gesto estremo sarebbe stato compiuto a causa dell’onta della diffusione senza permesso e senza controllo di alcuni suoi video privati su internet.

La madre di Tiziana, Teresa Giglio, non ha mai creduto alla tesi del suicidio e si è opposta alla richiesta di archiviazione. Durante le indagini, che hanno incluso la riesumazione del corpo e un’autopsia, non sono emersi elementi che potessero sostenere l’ipotesi dell’omicidio. La madre ha sempre combattuto questa teoria, sostenendo che il foulard che stringeva il collo della figlia non avrebbe potuto ucciderla per strangolamento, come confermato dal biologo forense Vincenzo Agostini.

Sono state effettuate anche delle perizie che smentivano l’ipotesi del suicidio, come la posizione del corpo che rendeva impossibile il “penzolamento con conseguente asfissia”. Inoltre, è stato aperto un processo contro l’ex fidanzato di Tiziana, Sergio Di Palo, accusato di falsità privata, simulazione di reato, calunnia e accesso abusivo a sistema informatico in relazione alla diffusione dei video. Tuttavia, Di Palo è stato assolto da tutte le accuse, poiché i due sostenevano che le persone responsabili della diffusione dei video erano estranee al caso.

La madre di Tiziana ha continuato la sua battaglia legale per far rimuovere i video dai grandi colossi del web, come Facebook e Google, ottenendo solo parzialmente il diritto all’oblio. Purtroppo, le immagini tornano spesso a circolare su internet, dimostrando che il diritto all’oblio in rete non è ancora garantito completamente.

La conclusione di questa vicenda tragica mette finalmente fine al giallo sulla morte di Tiziana Cantone, ma lascia ancora aperte alcune questioni sul rispetto della privacy e sulla diffusione non autorizzata di contenuti privati su internet. Speriamo che questa storia possa portare a una maggiore consapevolezza sul tema e a una migliore tutela della privacy online.

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