L’estate riaccende l’emergenza carceraria e ripropone i termini di una questione di politica giudiziaria che da tempo attende riforme non più rinviabili. Questo è dimostrato anche dalle cifre della situazione che, a Napoli e in Campania, indicano il superamento dei livelli di guardia.

In Campania ci sono 18 istituti penitenziari: 15 destinati agli adulti, due ai minorenni ed uno militare. Una mappa articolata che si estende attraverso le cinque province, con Napoli, Benevento, Avellino, Salerno e Caserta.

Solo la Lombardia riesce a strappare alla Campania il triste primato del sovraffollamento, con una popolazione detenuta di ben 8370 unità, a fronte delle 6998 attualmente presenti nella nostra regione. E non c’è distinzione di genere, ma c’è da rilevare: in tutta Italia le donne recluse sono 2.496, tuttavia la loro situazione presenta delle criticità maggiori perché soffrono di più. Sulla prostrazione psicologica che attanaglia le donne recluse, a volte pesa il fatto che fuori lasciano figli piccoli, affidati magari a parenti. Da sottolineare poi che le quattro carceri prettamente femminili – presenti a Trani, Pozzuoli, Roma e Venezia – ospitano 599 donne, pari a un quarto del totale delle recluse. Anche in Campania il sovraffollamento colpisce di più le donne: non in termini assoluti, giacché sono 340 quelle detenute, ma è un dato di fatto inconfutabile che proprio sulle donne l’impatto con l’universo carcerario provochi le ricadute peggiori. Molte sono costrette anche a distaccarsi dai figli piccoli.

Tornando ai numeri, sale costantemente anche quello degli stranieri in cella, che ha raggiunto la cifra di 863. Dati sui quali sono costretti quotidianamente a confrontarsi il personale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia, con la Polizia penitenziaria in prima linea, e lo stesso Garante regionale dei detenuti, Samuele Ciambriello.

“In questa cornice di per sé ampia e variegata – commenta Ciambriello – spiccano poi particolari criticità, a cominciare dai reclusi con problemi di tossicodipendenza: su quasi settemila detenuti ospitati in Campania, 1329 sono tossicodipendenti, 600 dei quali si trovano nella sola casa circondariale di Napoli Poggioreale. C’è anche una carenza di personale medico specializzato, con soli tre medici del Sert che devono coprire, oltre a Poggioreale, anche l’istituto minorile di Nisida e il carcere di Secondigliano. Altra criticità è quella legata alla presenza di soggetti con sofferenze psichiche, circa 400 i casi che vengono seguiti; e a Poggioreale, che ha raggiunto le 2080 presenze, a fronte dei due psichiatri in organico, d’estate in servizio ce n’è soltanto uno. Ricordo a me stesso che la delibera regionale indica che per ogni 500 detenuti deve essere prevista la presenza di un medico psichiatra”.

Le tragedie consumatesi a Torino in questi giorni confermano che la bella stagione amplifica e dilata le problematiche già grosse e persistenti durante gli altri mesi dell’anno. La costante degli atti di autolesionismo, dei tentativi di suicidi e di chi riesce effettivamente a togliersi la vita è una delle emergenze che per primi gli agenti della Penitenziaria sono costretti quotidianamente a fronteggiare. “Dai dati in nostro possesso – prosegue Ciambriello – negli ultimi sei mesi dello scorso anno in Campania si sono registrati addirittura 808 casi: 60 dei quali a Benevento, su 389 reclusi presenti, 164 solo a Napoli Poggioreale; e peggio ancora è andata nella struttura penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere, dove si è registrato il record negativo con 221 casi. Da tenere presente che questi dati in nostro possesso sono relativi solo ad un semestre: il che lascia intuire che la casistica è nettamente più alta. A fronte di tutto ciò non può che destare preoccupazione e inquietudine l’assenza, in questo periodo, di un medico che garantisca il servizio notturno nel carcere di Benevento”.

I tentativi di suicidio in Campania ammontano a 91 nell’ultimo anno, e tre sono invece i detenuti che si sono tolti la vita in una cella (due a Poggioreale ed uno ad Arienzo).

“Tutto ciò – conclude il Garante dei detenuti campani – conferma che a pagare sono sempre i più deboli, e che il carcere è un contenitore di disperazione. Il mio ruolo è quello di garantire i detenuti, ma anche i “detenenti”, cioè chi lavora negli istituti penitenziari. E c’è da chiedersi come mai il palazzo della politica resti ancora sordo a queste tematiche. E come mai dal 2006 non si parli più di amnistia o di indulto”.

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